Apatici o combattenti: la “generazione Putin” in Russia e quella chiamata al fronte in Ucraina

Gli uni sono sempre più indifferenti alla vita politica per timore o scoraggiamento, mentre gli altri prendono le armi per difendersi dall’aggressione russa o cercano di evitare la leva. Come vivono i giovani russi e ucraini dopo tre anni di guerra? Rassegna.

Il giornale indipendente russo in esilio Meduza dedica un lungo articolo (in originale su Signal, una newsletter in russo) alle “persone che sono diventate maggiorenni e ora costituiscono il gruppo di giovani adulti che erediteranno quello che verrà dopo Putin”: si tratta di un gruppo che la stampa chiama, forse in maniera inappropriata, “Generation Putin”. Il leader russo è al potere dal 1999: in totale 26 anni.

Diversi studi affermano che queste persone sono sempre più apatiche e depoliticizzate: “I ricercatori lo attribuiscono al fatto che questa generazione è cresciuta durante una generale ‘pulizia’ del campo politico da parte di Putin e dei suoi alleati”. Il sociologo Iskender Yasaveyev spiega nel testo che “gli studiosi approcciano la ‘Generazione Putin’ con grande cautela” perché, sottolinea, una “politica giovanile unitaria non è emersa con l’avvento al potere di Putin”. Inoltre, “il concetto di ‘gioventù’, compresa la definizione legale, è cambiato più volte: se inizialmente indicava persone tra i 14 e i 30 anni, è poi stato portato a 35 anni e verrà innalzato a 38”.

Con le proteste del 2011-2012 le autorità russe hanno aumentato i “programmi patriottici” e la presenza su internet; con l'annessione della Crimea da parte della Russia e la guerra in Ucraina nel 2014, questi programmi hanno assunto un carattere sempre più militarista.

“Un sociologo del centro Levada per i diritti umani, che ha richiesto l'anonimato, sostiene che i sondaggi non mostrano che i giovani russi sostengono il governo: “Dal 2022, è diventato chiaro a tutti cosa si può o non si può dire in pubblico. Le risposte dei giovani ai sondaggi d'opinione non mostrano ciò che credono realmente, ma ciò che ritengono accettabile credere e dire”.

Secondo il sociologo “i giovani russi sono il gruppo culturalmente più occidentalizzato del paese. Questo è vero soprattutto perché la maggior parte consuma cultura pop straniera, e la politica interna aggressivamente anti-occidentale e la propaganda di stato non sono riuscite a frenare questa tendenza”. Secondo gli studi, i giovani russi rimangono anche il gruppo demografico più tollerante del paese, nonostante i divieti sulla “propaganda gay” e la mossa delle autorità russe di etichettare tutti i gruppi LGBTQ+ come “organizzazioni estremiste”.

Dalla guerra in Afghanistan (1979-1989) a quelle in Cecenia (dal 1994 al 1996 e poi dal 1999 al 2009), per poi passare all’Ucraina, i russi hanno avuto, negli ultimi 40 anni, quasi costantemente uomini al fronte.

I giovani ucraini e la guerra

“Ucraina, una gioventù sacrificata” è il titolo di un documentario del reporter di guerra Charles Comiti sul canale francese M6 che racconta come si vive e cresce con la guerra. “Fin dai primi giorni del conflitto, ho filmato queste nuove generazioni che sognano un paese libero. E ogni volta che filmo è la stessa storia: speranza, resilienza, dolore... e rabbia”, spiega il giornalista a Le Monde. Alcuni dei giovani intervistati da Comiti si sono arruolati “perché la guerra possa finire il prima possibile” mentre altri si sottraggono alla leva obbligatoria, “voglio solo essere un giovane”, raccontano.

Luke Harding, inviato del Guardian, da Kiev racconta di chi non ce la fa più a sopportare la guerra: “Il numero esatto (di chi lascia l’esercito) è un segreto militare, ma gli ufficiali ammettono che è elevato, dicendo che è comprensibile quando le truppe esauste hanno servito per mesi senza una pausa adeguata”.

La televisione franco-tedesca Arte parla, in un reportage di Léo Sanmarty, di oltre 15mila uomini che hanno disertato tra gennaio e agosto 2024, cinque volte il dato del 2022 e il doppio del 2023. In un altro reportage il canale chiede: “Dopo due anni di conflitto, la società ucraina si trova di fronte a un dilemma: come può un paese difendersi senza limitare la libertà dei suoi cittadini?”

Il modello di mobilitazione in Ucraina

“Siamo onesti. È un grosso problema. È naturale in una situazione in cui ci sono stati tre anni di guerra a tutto campo. Le persone sono esauste. Vogliono vedere le loro famiglie. I figli stanno crescendo senza di loro. I rapporti si incrinano. Mogli e mariti non possono aspettare per sempre. Si sentono soli”, spiega a Luke Harding Olha Reshetylova, Difensora civica militare dell’Ucraina. Reshetylova è un’attivista per i diritti umani: è stata scelta dal presidente Volodymyr Zelensky per questo compito lo scorso dicembre affinché i soldati possano riferire sulle violazioni dei loro diritti, spiega The Kyiv Independent.

“Abbiamo un retaggio post-sovietico in cui il soldato è schiavo del suo comandante. Ma l'esercito ucraino si sta trasformando. Stiamo cercando di cambiarlo, di renderlo più moderno e orientato alla persona”, spiega Reshetylova. “A mio avviso, sono gli eserciti europei ad essere assenti ingiustificati. Non capiscono - o non vogliono capire - che questa è anche la loro guerra”, conclude.

Per tamponare la situazione il parlamento ucraino ha votato l’abolizione delle sanzioni penali previste per i disertori (dai 12 ai 15 anni di carcere) per chi torna al battaglione di appartenenza, con completa reintegrazione dei benefici.  È stato anche approvato un disegno di legge che consente ai membri del servizio di trasferirsi in unità diverse, superando i conflitti tra gradi inferiori e superiori. La mobilitazione in Ucraina è oggi obbligatoria per gli uomini tra i 25 e i 60 anni.

Circa 370mila soldati ucraini sono stati feriti, fra i quali gli amputati sarebbero oltre 50mila.

La storica francese Anna Colin Lebedev, specializzata nello spazio post-sovietico, dedica su Le Grand Continent, una lunga e interessante analisi al modello di mobilitazione militare in Ucraina, come specchio della società nel suo complesso: “Solo il 18 per cento degli intervistati in un sondaggio condotto nel gennaio 2024 ha dichiarato la mobilitazione inutile o sostituibile. Per l'82 per cento, è considerata necessaria da chi li circonda, ma solo se è equa”.

“Equità” significa, spiega Colin Lebedev, avere una data di smobilitazione (oggi quasi impossibile da concepire) e giusta, ovvero che coinvolga tutte le classi sociali. “Sarebbe però un errore interpretare le difficoltà di reclutamento dell'esercito ucraino come un segno che la società è demotivata, o che si rifiuta di resistere alla Russia. Il consenso alla guerra e il consenso a prendere le armi non sono equivalenti: nel secondo caso, la questione di come prendere le armi è centrale. Si tratta dei valori della società e del tipo di rapporto che i cittadini hanno con il loro stato e le loro forze armate. La mobilitazione per la guerra di oggi non può essere fatta con i sistemi di ieri, progettati non solo per altre guerre, ma per società che non esistono più. L'Ucraina ci offre l'opportunità di riflettere su come le nostre società affronterebbero la necessità di mobilitarsi per la guerra”.